Sabato 17 dicembre 2022, ore 21
Teatro Niccolini di Firenze
Uno spettacolo con gli attori del Teatro Laboratorio della Toscana e le professionalità della Compagnia Lombardi-Tiezzi, a fianco degli allievi scenografi dell’Accademia di Belle Arti e dei giovani musicisti del Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze.Lo spettacolo, da un’idea di Mauro Pratesi, è il frutto di una preziosa collaborazione didattica fra Accademia, Conservatorio e Compagnia, ed è la seconda di tre esperienze teatrali dedicate ad altrettanti protagonisti dell’arte contemporanea (Roberto Longhi, Arturo Martini – appunto – e Alberto Savinio). L’ingresso a teatro è libero e gratuito
Io, Arturo Martini – morte della scultura
drammaturgia
Fabrizio Sinisi
regia
a cura di Federico Tiezzi
regista assistente
Francesco Torrigiani
attori
Dario Battaglia Giovanni Comisso
Francesca Gabucci Scultura
Luca Tanganelli Arturo Martini
scene
Corso di Scenografia
Alice Campanini, Viola Becherini, Ilenia Pompei
coordinamento
Francesco Givone, Chiara Lambiase, Alessandro Cutrì
costumi
Teatro Laboratorio della Toscana
luci
Gianni Pollini
con gli allievi di Scenografia
musiche originali
David Antúnez Rodríguez – Quattro soffi di pietra
per voce femminile e due percussionisti
In collaborazione con WARM – Workshop on Artistic Research in Music
un progetto internazionale di: Conservatorio L. Cherubini – Firenze, Conservatorio G. Verdi – Milano, Orpheus Instituut – Gent (B), Luca Cenderelli, Jici Liu – percussioni
“Un demonio che passeggia sulle rovine”: è questa la definizione che lo scultore Arturo Martini, in una delle sue lettere, dà di se stesso. Dal Veneto della giovinezza alla Milano degli anni Trenta, passando per infinite peregrinazioni fra la Liguria, Venezia, Roma e la Francia, la vita di Martini è sempre stata all’insegna di una continua irrequietezza e di un’insanabile insoddisfazione. Il paesaggio che la sua voce ci racconta nelle lettere è quello desertico di una terra desolata: un teatro di macerie dove solo l’atto dell’artista può riscattare nella bellezza l’insignificanza della Storia.
Arturo Martini ha avuto un amico e sodale fin dagli anni dell’infanzia: il celebre scrittore Giovanni Comisso, che con Martini condivideva anche la provenienza trevigiana. Tutto il tortuoso percorso di Martini è costellato dalla presenza intermittente dell’amico. Sarà proprio la voce di Comisso, ripresa dai suoi diversi scritti sull’amico, a dialogare con i testi martiniani, ripresi dalle lettere autografe e dai numerosi saggi, a testimoniare non solo la biografia di un artista fra i maggiori del Novecento italiano, ma la storia di un’amicizia.
Quello che affiora da questo “dialogo a distanza” è forse un’idea dell’arte tanto commovente quanto liberatoria: la scultura come strada di una rappresentazione dell’umano più autentica e contemporanea. Questo “ritratto in movimento” di Arturo Martini mostra la parabola di una vita dedicata interamente all’arte, in tutte le sue miserie e i suoi splendori, nell’ostinata convinzione che solo l’arte possa collocare l’uomo nel mondo, restituirgli tutta la dignità che continuamente la storia cerca di sottrargli.